Tatuami la pelle e il cuore.

Che poi ogni volta va a finire sempre così, quando ti fai un nuovo tatuaggio. La mamma non lo sa, e neppure il papà, che poi, ne hai aggiunto un altro piccolo, ma forse il più importante. Perché a volte sento irrefrenabile la voglia di lasciare un segno. Nero e sottile. Come la punta di una mina appuntita che scorre leggera su un foglio bianco. Che poi qualche volta il lettino è scomodo e la fiducia è poca, non c’è musica e delle mani mi tolgono il reggiseno.

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  • Allora, dove cazzo lo vuoi il tattoo?
  • Lo voglio qui. Sulla costola, a sinistra. Voglio una linea. Nera e sottile.
  • Vuoi solo una cazzo di linea?
  • Sì. La voglio incompleta, che dia l’idea di continuità o d’infinito.
  • Scusa, ma che cazzo devi fare con una linea sotto l’ascella?
  • Non lo so IO che cazzo devo fare. Ma TU devi essere precisa.
  • Ok, Miss-linea-del-cazzo mettiti stesa che bastano due minuti e abbiamo finito.
  • Ok Miss-dico-sempre-cazzo. Dimmi un po’, come ci si sente a disegnare sulla pelle delle persone?
  • E come vuoi che ci si sente? Io mi sento come un chirurgo coi pennelli o come un Picasso coi bisturi. Sento. Punto. La tua sfiducia e vedo il tuo labbro che trema, le guance rosse. Sento anche la pelle liscia su questa cicatrice rotonda e questo neo che hai, dietro la spalla, quello che ti ha regalato Dio. Io, un poco ora mi sento come Lui. E cazzo se ci si sente bene. Anche la tua linea mi fa sentire bene. Invece dimmi un po’ TU, come ci si sente a tatuarti una cicatrice? Perchè bella mia, io ti ho capita, e con la storia dell’infino non prendi per il culo nessuno.
  • Ci si sente bene e male contemporaneamente. Come tutti i giorni. Come quando ti mangi una pizza con le patatine e poi corri sulla bilancia o come quando ti lasci andare all’istinto e poi ti chiudi in bagno a piangere. Come quando vorresti colorarti il cuore intero, ma ora ti basta solo una linea, quella che continua sulle ambizioni. Sui sogni e desideri. In fondo tutti i tattoo sono così, racchiudono profumi, note, attimi, a volte anche qualche silenzio. O forse solo quelli. Notti ma sopratutto albe. I giorni vissuti. Le mancanze, i vuoti dell’anima che in qualche modo dobbiamo pur colmare.  Angoli di mondo calpestato. Frammenti di un paradiso vissuto. Gli abissi visti e i fantasmi vinti. Dubbi e risposte e domande. Immagini. Disegni futili. Velleità. Perchè io mi sento come una matita appuntita, a volte, o un foglio bianco su cui ci disegni una stricia, poi, inizi a scriverci la tua storia. La mia è già segnata sul corpo, è nella mia cicatrice rotonda, nel mio neo sulla spalla, nelle mie paure e voglie sul rosso delle guance, nella mia sensualità: pura e contaminata. E questo tattoo me lo disegni tra il seno e la schiena. Il luogo degli abbracci e dei baci. Segreti, intimi, familiari. Di coppia. Una striscia piccola sulla pelle e c’è tanta pelle qui, tra le costole. Come in certe storie intrappolate. Palcoscenici dove tutto è possibile, come spesso accade nei luoghi meno noti o nelle scelte meno percepite. Come quando imprigioni un desiderio o una paura in una gabbia, per proteggerlo e conservarlo, come sotto le costole quando ci tocchi il cuore.
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